RAGAZZI INVISIBILI NEL CAOS DELL’ADOLESCENZA

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I GENITORI, CON UN ATTEGGIAMENTO AFFETTUOSO E INCORAGGIANTE, POSSONO INFLUENZARE IL LORO SVILUPPO?

Certamente, se affettuoso significa rispettoso e non soverchiante, e se incoraggiante significa porsi in una situazione di ascolto, di disponibilità e di non giudizio che consente all’adolescente l’accettazione dei piccoli, grandi fallimenti che inevitabilmente si presentano lungo il cammino del suo sviluppo di persona, e che aiutano a crescere.
Mi piace pensare ad adulti che fanno il tifo per i giovani. Purtroppo oggi si tende ad addebitare ai ragazzi la colpa di tutto senza considerare che gli adolescenti in ogni epoca sono il frutto del sociale e dei contesti adulti.
I genitori oggi entrano tanto, troppo nella vita dei ragazzi. Colonizzando il loro spazio di pensiero con la pretesa di sostituirsi a loro per il timore che possano non farcela. Un bisogno di controllo da parte degli adulti nei confronti dei giovani che restituisce di fatto ai ragazzi l’idea che non sia possibile stare nell’incertezza ed accettare il tempo necessario a che ognuno possa diventare se stesso. 
Questo non significa ovviamente che ai ragazzi debba essere tutto concesso.
La regola che evita il caos in famiglia, così come a scuola e nei contesti educativi , consente al bambino e poi all’adolescente di trovare un argine alle sue emozioni più intense e diventa lo strumento appreso sin da piccini, e quindi già patrimonio del ragazzo adolescente, per imparare a tollerare la frustrazione di non essere onnipotente, di non poter fare ed ottenere tutto ciò che desidera, di dover attendere.

DOPO I 15 ANNI POI INIZIA LA LORO VOGLIA DI RIVALSA E DI CONTRASTO CON LA FIGURA GENITORIALE? PERCHÉ?

A volte avviene molto prima di quell’età, a volte molto dopo. Potremmo chiederci chi è l’adolescente: lo è il dodicenne ma lo è anche il diciottenne, si tratta di un soggetto mobile difficile da definire. Giovani come espressione della loro società, che è in continua trasformazione.
Ma fortunatamente questo legittimo desiderio di differenziazione non è sempre così sofferente e traumatico.
Quando le cose procedono nei migliori dei modi parliamo piuttosto di contrapposizione più che di contrasto, che non si connatura necessariamente come “voglia di rivalsa”, termine che rimanda alla vendetta: siccome sono stato schiacciato e umiliato, siccome sono stato abusato perché privato della mia individualità e differenza, allora devo “rifarmi”, devo prendermi con la forza ciò che mi è stato negato. Se il ragazzo è stato accompagnato con rispetto e fermezza ad apprezzare il vantaggio di stare bene in famiglia perché fra tutti i membri vi è la giusta distanza e nessuno ha bisogno dell’altro per affermare la propria individualità questo processo potrà svilupparsi senza troppi scossoni. Ma qualche movimento sismico è da prevedere, e anche auspicabile, se serve a marcare la differenza e l’unicità dell’adolescente.

MOLTI GENITORI SI DIMENTICANO DI ESSERE STATI ADOLESCENTI?

Lo dimenticano anche perché a volte non sono usciti dalla loro stessa adolescenza. E rivivono le perturbazioni dei figli senza la capacità di reggere la frustrazione di non avere risposte immediate o pre-confezionate, di non essere sempre in grado di comprendere ed accettare il cambiamento del figlio, e si sentono vacillare di fronte alla fatica di confrontarsi con i figli adolescenti.  Adolescenti e adulti in contatto con gli adolescenti sono tutti dentro lo stesso processo nei diversi contesti nei quali i ragazzi incontrano gli adulti.
Se l’adulto non riconosce il travaglio insito nel percorso di crescita dell’adolescente, questi non viene visto, non viene accolto, protetto, incoraggiato, perdonato, compreso, atteso. Diventano allora ragazzi invisibili agli occhi di adulti che non sono in grado di osservare il loro faticoso mutamento, che non di rado optano per comportamenti estremi nella speranza così di essere “visti”.

COSA PUÒ FARE UN GENITORE PER ANDARE INCONTRO A QUESTO PERIODO DI CAMBIAMENTO?

Ascoltare sapendo comprendere, accettando che l’adolescente attraversi la sua confusione senza reagire al suo caos, alle sue incongruenze, alle sue provocazioni con la stessa moneta, come farebbe un adolescente. I genitori educano il figlio insegnandogli a frenare la rabbia e a disciplinare il piacere arrivando a controllare gli impulsi investendo le proprie energie pulsionali in progetti.
Possono rispettare il loro spazio di desiderio che non è il desiderio dei genitori. Si tratta di uno spazio mentale ma anche fisico: la loro camera da letto è quello spazio all’interno della famiglia dove possono sentirsi legittimati a nutrire i loro desideri e a serbare i loro segreti. Il genitore che non riesce a tollerare questo movimento desiderante che non necessariamente coincide con i loro desideri e li include e insiste per dominare questo spazio, conoscere ogni piccolo meandro della mente del figlio (ah mio figlio mi racconta proprio tutto, io sono la sua confidente, per me non ha segreti!) si pone su un piano di simmetria relazionale e di invidia per il desiderio del figlio e  fatica ad accettare che il figlio sia proteso verso qualcosa che non lo prevede.

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